Pandemia: regioni rosse… di vergogna?
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Nel Tempo della pandemia ne stiamo vedendo di tutti i colori.
Lungi da chi scrive di ripercorrere le già assai calpestate cronache di una vicenda che lascerà tanti vuoti causati dai troppi cari defunti, tristemente con illacrimate sepolture, e un disastro economico per rattoppare il quale dovremo forse tornare a lavorare la terra, altro che 4.0.
A proposito invece di colori, siamo ora nella fase “del pigmento” e il balletto giallo – arancione – rosso sta impietosamente mostrando tutti i limiti della nostra classe dirigente e tutta l’impreparazione di un Paese che paga un pazzesco arretrato culturale e sociale.
Ora, va detto che per questa fase del vergognoso teatrino regionale, che trova picchi di eccellenza in Calabria e Campania, dobbiamo ringraziare anche la sciagurata riforma del titolo V, ordita nel 2001 da cervelli inficiati dal tornaconto politico ma soprattutto tarpati da ignoranza ed impreparazione. Quell’impianto di autonomie locali nacque non già dalla constatazione dell’esistenza delle condizioni e della maturità sociale adeguate all’uopo ma da confuse valutazioni strattonate da un lato dalle spinte scissioniste e dall’altro dalla pressione delle grandi organizzazioni di criminalità. Questa è l’impressione che in tanti abbiamo avuto.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti e salvo eccezioni la forza normativa dei venti e passa duplicati dello Stato è impiegata più che altro nel regolare aumento dei compensi e delle provvidenze per i governi regionali stessi.
Oggi nel quadro del Covid-19 si va dalla severa fermezza di Luca Zaia ai lanciafiamme del grottesco De Luca passando per il fin troppo loquace Toti che sovente le spara infami e grosse. Per tacer d’altre perle non meno preziose. Quanto ci manca Jole Santelli? Riposi in pace.
Cosa ci resta ora?
Facile a dirsi. Meno a farsi.
Ci resta di sperare che Governo e governatori trovino il modo di dialogare come si fa tra adulti e concertare decisioni ed azioni, sempre che riescano a farsi largo tra i milioni di infettivologi e virologi che infestano lo sventurato Tricolore.
Mosso a pietà per l’eroico lettore mi fermo qui, senza trattare la parte internazionale della storiella.
Attenzione: ricordiamoci che la politica è lo specchio del popolo. Urge crescere.
Stefano Fioretti