Il Natale del virus
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Questo è quel mondo? questi
I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
Onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
(Giacomo Leopardi)
25 dicembre 2020. La data di un Santo Natale che, in ogni caso e quali che possano essere i prossimi sviluppi, ricorderemo per sempre e che farà Storia per i posteri. I ragazzi delle generazioni a venire studieranno il Covid-19 nei libri e ne ascolteranno grazie alle narrazioni dei nonni.
Eppure il tema sta congestionando le cronache ed i discorsi in modo tra l’inutile e l’odioso, “tirato per la giacchetta” da una parte dai famelici fanatici dell’aperitivo e della tavola imbandita che vorrebbero vivere la ricorrenza in barba a qualsiasi cautela e dall’altra da coloro che pur indossando, talvolta malamente, il ruolo di decisori sembrano quasi voler entrare nelle case e dire ad ognuno come vivere tra le mura domestiche, in sesquipedal dispregio di più d’un diritto costituzionale.
Gli uni e gli altri nuotano nel mare marcio del torto. Coloro che occupano più o meno degnamente le poltrone della stanza dei bottoni dovrebbero: limitarsi a stabilire regole rigorose eppur rispettose di tutte le dignità, preoccupandosi semmai di farle applicare; lavorare al sostegno dell’economia ancora viva e progettare a medio termine la cura di quella che sopravviverà alla mattanza e la ricostruzione del tessuto; dedicarsi ad un altro importante tessuto, quello sociale. Sì, perché in molti una casa nella quale rispettare le prescrizioni antivirus non l’hanno, per non dir del cenone che ad oggi pare essere l’unica cosa da salvare, altro che vite umane. Quanto sopra per dir intanto de’ politici e dei troppi esperti a stento classificabili nella affollatissima categoria dei ciarlatani. Passiamo oltre: “Lo popolaccio” invece che deve fa’? Rispondere a questa domanda è talmente facile che viene voglia di non farlo, tanto è cosa scontata.
Così complicato è capire che per una volta dovremo comprendere significati diversi? … piuttosto che ad ogni costo approntare una tavolata stracarica, nonché inquinare l’alberello con regali scelti per stupire con effetti speciali (elettronica di consumo fine a sé stessa in primis), metà dei quali alla fine saranno apprezzati poco o con riserva, e con generi alimentari tipici del Natale che in ottima parte saranno poi riciclati come “sottoregali” e con panettoni e pandoro che useremo per mesi e mesi a colazione fino a restarne nauseati. Le vere mancanze saranno altre, altri i veri rammarichi: non poter incontrare liberamente tutti i cari; non poter assistere o visitare chi sarà in quarantena, in terapia intensiva o in altra regione; non poter accompagnare un congiunto nel momento della dipartita; non poter, chissà forse, recarci alla Santa messa natalizia, cosa pure importantissima per tanti di noi. Giacché di fame non moriremo di certo.
Siamo seri: potremo mangiare e bere qualcosa insieme a casa, perché no finendo per conoscendoci meglio, o recarci in ristorante (poco probabile), onorare la Fede, per chi la sente e la vive, pregando Nostro Signore perché metta una buona Parola. Un passaggio questo rivolto soprattutto a chi vive cristianamente la Natività, ma vedete, spiritualità e raccoglimento fanno tanto bene a chiunque, a prescindere dalla “quota di Fede” di ognuno. Suvvia, I simboli sacri ci saranno, qualche pacchetto anche, si spera Amore e solidarietà anche e passerà pure Babbo Natale, sempre che non si becchi il covid.
Fin d’ora, Buon Natale a tutti, ma proprio tutti.
Stefano Fioretti